GLI ALTRI SIAMO NOI
“Noi che stiamo in comodi deserti
di appartamenti e di tranquillità
lontani dagli altri,
ma tanto prima o poi gli altri siamo noi.”
U.Tozzi - Raf
Le regole
dell’evoluzione ci insegnano che sopravvive non tanto il più forte, ma
chi meglio sa adattarsi ai cambiamenti. In questi ultimi mesi le vite di
tutti noi sono state messe alla prova da questo punto di vista: anche se prima
era inimmaginabile, ci siamo adattati a rimanere rintanati nelle nostre
abitazioni e a mantenere una distanza di sicurezza dal prossimo, non solo
sconosciuto, ma anche a noi molto caro.
All’inizio è
stato difficile: l’aggettivo “surreale” era il più usato per descrivere
la nuova quotidianità, che però pian piano ha acquisito concretezza ed è
persino diventata migliore della precedente, dal momento che ci ha restituito
ritmi meno frenetici e possibilità di sperimentarci in attività da sempre
accantonate, o addirittura mai prese in considerazione.
Raggiunto un
discreto equilibrio, però, ecco che ci viene richiesto un nuovo adattamento:
uscire dalle nostre “tane” per scivolare pian piano in una realtà differente da
quella che avevamo lasciato fuori dalla porta. E ciò, spesso, si rivela
sorprendentemente più complicato del previsto.
Le
definizioni si moltiplicano: sindrome della capanna, sindrome del
prigioniero, claustrofilia, cabin
fever… La prolungata
disconnessione col mondo esterno reale (compensata in questi mesi con
un’esponenziale connessione virtuale) fa sì che ora tante persone manifestino sintomi
somatici e psichici quando in quell’agognato mondo debbono ritornare. Si va
da un’apparentemente ingiustificata insonnia, all’irrequietezza,
all’irritabilità, all’ansia, alla vera e propria angoscia all’idea di uscire e
di incontrare gli altri. Il timore di poterci ammalare ci rende diffidenti
verso chi ci circonda e mal sopportiamo chi non rispetta le raccomandazioni
degli esperti. Alcuni addirittura rispolverano e adattano alla nuova situazione
quel linguaggio d’odio (hate speech), così diffuso in epoca pre-COVID e per un po’ accantonato,
per attaccare chi fa loro paura.
Pur non
coincidendo con il disturbo da ansia sociale (chiamato anche fobia
sociale), di cui talvolta le vittime di bullismo soffrono, con esso questa
coorte di sintomi invalidanti condivide alcune manifestazioni: evitamento delle
situazioni sociali, che creano un’ansia sproporzionata e non oggettivamente
giustificata, menomazione del funzionamento sociale ed esasperato timore del
giudizio altrui.
Infatti,
imbarazzo e vergogna si impadroniscono di noi se ci capita di
starnutire o tossire in pubblico, perché prendiamo consapevolezza che le parti
si sono invertite e, improvvisamente, gli “altri” siamo diventati noi! Allora,
visto che ci troviamo tutti sulla stessa barca, sarebbe meglio esercitare la
nostra tolleranza e remare tutti nella medesima direzione, per
recuperare la speranza di approdare ad un porto sicuro.
dott.ssa Paola Scalco
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