giovedì 30 aprile 2020

NIENTE SARA' PIU' COME PRIMA


Continua la fertile collaborazione con la dott.ssa Paola Scalco, docente, psicologa e psicoterapeuta.

“Non lasciatevi sfuggire la vita tra le dita
per cercare di vivere
nel passato o nel futuro.
Se vivrete un giorno alla volta,
allora vivrete tutti i giorni della vostra vita.”
                                                                 G.B. Dyson

Fin dai primi momenti di questo straordinario (= fuori dall’ordinario) periodo, la frase più utilizzata dalla maggior parte di noi è stata: “Niente sarà più come prima!”. Inizialmente l’accezione era positivamente utopistica, ispirata da un senso di solidale comunanza e da una rinnovata capacità di comunicare guardandoci negli occhi, oltre che dietro uno schermo. Di fatto, però, non ci credevamo fino in fondo, ma ritenevamo che fosse solo questione di tempo e poi sì che tutto sarebbe rientrato nei ranghi: era la fase di shock, di disorientamento e senso di irrealtà, in cui si cercava di attutire l’urto di quanto accadeva intorno a noi, provando a distanziarsene emotivamente. Le settimane però trascorrevano, portando con sé notizie via via più tragiche. Così l’impatto emotivo si è fatto più intenso e incredulità e confusione hanno ceduto il posto ad un variegato caleidoscopio di emozioni: tristezza, paura, ansia, angoscia, colpa, rabbia…
Pur con innegabili alti e bassi, ci siamo ben adattati ad una inusuale clausura, impegnando il nostro tempo a riordinare e spazzare le nostre case insieme ai nostri pensieri. Pareva fosse quello il compito difficile a cui siamo stati chiamati, ma a distanza di un paio di mesi abbiamo iniziato a realizzare che, probabilmente, davvero la realtà che ci attende fuori dalle mura domestiche sarà pesantemente differente da quella lasciata dietro la porta dopo uno “scherzo” del Carnevale. Ci troviamo, pertanto, a fare i conti con la fase più delicata del fronteggiamento: accantonata la vana ricerca di risposte o spiegazioni su quanto accaduto, è di fondamentale importanza domandarci quali siano le risorse personali su cui possiamo fare affidamento e come possiamo metterle al meglio a frutto.
Questa sarà la vera prova in cui ci dovremo cimentare. La quota di stress è, anche ora come sempre, variamente distribuita tra la gente e, sebbene si senta sempre più spesso parlare di disturbo post traumatico da stress, tale evenienza riguarderà -fortunatamente- una limitata parte della popolazione (primi tra tutti, gli operatori sanitari e i sopravvissuti ad un grave attacco del virus). Il modo in cui ciascuno di noi riuscirà ad affrontare e padroneggiare i livelli di distress che in modo altalenante la situazione comporta, può far la differenza e rendere adattivo e portatore di crescita personale l’inevitabile cambiamento.
Per proteggerci da conseguenze negative, il cambiamento che avverrà intorno a noi dovrà appaiarsi ad un cambiamento psicologico, conseguente alla rielaborazione e all’integrazione di nuovi modi di vedere noi stessi e il mondo, ponendoci nuovi obiettivi e nuove priorità. L’obiettivo non sarà più quello di riuscire ad essere resilienti sopportando le difficoltà e mantenendo integra la propria identità, ma di essere disposti alla trasformazione assumendosene la responsabilità, proprio in funzione del fatto che non sarà più come prima.

martedì 21 aprile 2020

#RESTIAMOACASA MA INFORMI@MOCI


Con questo articolo della nostra consulente dott.ssa Paola Scalco, docente, psicologa e psicoterapeuta, vogliamo trattare un aspetto della nostra vita quotidiana, la didattica, stravolto dall’emergenza sanitaria del CORONAVIRUS.

#restiamoacasa ma Informi@moci!

Nuove idee e nuove parole per vecchi comportamenti.

L’emergenza sanitaria e il conseguente lockdown hanno obbligato la Scuola ad utilizzare in modo massiccio la tecnologia e a sperimentare modalità di insegnamento che fino a pochi mesi fa erano prerogativa di un’esigua parte del personale docente.
Alcuni con maggiore, altri con minore entusiasmo, ma tutti i docenti di ogni ordine e grado si sono ritrovati a fare i conti con la didattica a distanza (DAD) e ciò -quantomeno all’inizio- ha comportato una quota variabile di improvvisazione e di “trasporto” basati certamente sulla buona volontà e il senso del dovere, che però ha rischiato di non far tenere in debita considerazione le questioni legate alla privacy e alla sicurezza. Ma che altro si poteva fare, se le prime indicazioni sulla DAD da parte del Garante per la Protezione dei dati personali sono giunte il 26 marzo, ossia dopo un mese dalla chiusura delle scuole?
Sarebbe potuta essere una buona occasione per mostrare in pratica quelle regole per un uso consapevole e responsabile delle tecnologie che da un po’ di anni cerchiamo di spiegare, da più parti e con variegate iniziative, e instillare nelle menti dei nostri bambini e ragazzi (che saranno pur “nativi digitali”, ma di certo poco “consapevoli digitali”). Ma purtroppo non sempre così è stato, tenendo presente tra l’altro che, esclusi i maturandi, gli utenti delle nostre scuole sono tutti minorenni.
L’impiego frequentemente disinvolto e “spregiudicato” di app di messaggistica e piattaforme non sempre “blindate” da parte delle scuole, unito all’insufficiente attenzione e preparazione di taluni genitori, ha stimolato la creatività di chi invece sa bene come NON farne buon uso.
E, dunque, lo smaterializzarsi delle relazioni che sta caratterizzando il periodo in cui viviamo porta con sé nuove opportunità per praticare vecchie malefatte e veri e propri reati.
La Polizia Postale e delle Comunicazioni ha segnalato, ad esempio, un significativo aumento di persone denunciate per adescamento on line di minori, pertanto assume fondamentale importanza prevedere che i contatti tra docenti e bambini/ragazzini avvengano sempre tramite i genitori, evitando di diffondere i loro numeri di cellulare, sebbene in chat predisposte come private; allo stesso modo, con studenti più grandi meglio creare mailing list in cui i vari indirizzi email restino privati. Piccoli accorgimenti, certo, ma che possono contribuire a limitare la diffusione di dati sensibili.
Non potendo agire “in presenza”, pure i bulli escogitano nuovi modi per esprimere il meglio di sé (e ben lo sanno gli insegnanti impegnati nelle lezioni on line), tanto da dover coniare neologismi atti a definirli. È il caso esemplare e planetario dello Zoombombing, un fenomeno crescente che spazia da tentativi di disturbo ad atti di cyberbullismo, a diffusione di materiale pornografico a reati di oltraggio a pubblico ufficiale (perché questo è un docente nell’esercizio delle sue funzioni) durante una videolezione, intromettendosi senza averne titolo.
Non c’è dubbio che una delle tante sfide che ci attendono nei tempi a venire continuerà ad essere l’esigenza di una diffusa alfabetizzazione ad un utilizzo critico, consapevole e responsabile dei nuovi media, a partire dai genitori, così da fornire loro efficaci opportunità di riflessione sulla delicatezza del loro ruolo anche in questo specifico aspetto educativo dei loro figli.

Materiali di approfondimento: