NOI ADULTI A CHE GIOCO GIOCHIAMO?
Dott.ssa Paola
Scalco, psicologa, specialista in Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia
Clinica
“No!
Io non gioco, perché poi se perdo, mi uccidono!”
Il
gioco è il classico 1-2-3…stella!
Il
luogo è il cortile di una scuola primaria italiana.
Il
bambino che si rifiuta terrorizzato di giocare è un alunno della prima classe,
che ha perciò all’incirca 6 anni.
In
queste ultime settimane, scene come questa si ripetono un po’ in tutte le
scuole primarie (e tante scuole dell’infanzia) italiane. Giochi apparentemente
innocenti diventano il pretesto per agire comportamenti aggressivi e per nulla
rispettosi, in un periodo storico come quello attuale in cui i nostri bambini hanno
già tantissimo da recuperare in fatto di socialità e costruzione di legami
positivi.
Cosa
sta accadendo? Quale nuovo “virus” sta circolando?
Si
tratta dell’influenza dilagante della serie tv sudcoreana Squid Game,
che in realtà la stessa piattaforma di streaming che la trasmette segnala come
adatta ai maggiori di 14 anni. Nonostante ciò, bypassando il controllo
dei genitori con l’ausilio dei vari social, è diventata virale anche tra i più
piccoli, con effetti manifestamente deleteri a causa dei suoi contenuti.
Racconta
di 456 adulti con alle spalle fallimenti, povertà, emarginazione sociale,
dipendenze come la ludopatia, che accettano di partecipare a delle sfide basate
sui giochi dell’infanzia, per poter estinguere i loro debiti. In un contesto sociale
sessista e fondato sul potere, chi perde viene ucciso da guardie mascherate,
mentre chi riesce a sopravvivere vince una ingente somma di denaro.
La
violenza viene banalizzata, con scene di torture fisiche e psicologiche
e la morte non risulta essere la cosa peggiore che possa capitare, a
confronto delle brutture che caratterizzano le vite dei protagonisti. Senza
dimenticare il potenziale traumatizzante di certe scene e il discutibile
ascendente che certe pessime dinamiche relazionali potrebbero avere sui giovani
spettatori.
Per
cercare di arginare tale fenomeno, la Fondazione Carolina (Onlus
nata per ricordare Carolina Picchio, prima vittima italiana di
cyberbullismo e ispiratrice della Legge 71/2017 “Disposizioni a tutela dei
minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”)
ha provocatoriamente lanciato sulla piattaforma Change.org una petizione
per bloccare la visione della serie tv. L’intento è principalmente quello
di cercare di colmare il vuoto che porta tanti genitori a delegare ai social e
al web l’educazione dei propri figli, illudendosi che non abbiano bisogno di
una guida per il loro utilizzo consapevole e sicuro e trascurando o ignorando i
limiti di età da essi posti (ad esempio, l’età minima per aprire un profilo
su Tik Tok e su Instagram è di 13 anni, su WhatsApp e Telegram
è di 16 anni). Restrizioni che discendono dalla convinzione che un utente possa
avere i mezzi e l'esperienza per interfacciarsi con quel mezzo solo una volta
raggiunta quell'età, ma quanti sono i bambini della primaria o i ragazzini
della secondaria di primo grado che violano tali limiti? E con quali
conseguenze, a breve e a lungo termine?
Sempre
con lo scopo di ridurre gli effetti negativi di questa recente “mania”, sulla pagina
facebook della Polizia Postale è stata pubblicata una serie di consigli rivolta
ai genitori:
1. Ricordate
che la serie Squid Game è stata classificata come VM 14 ovvero vietata ad un
pubblico di età inferiore a quella indicata. Questa limitazione indica che i
suoi contenuti possono turbare i minori con intensità variabile a breve e lungo
termine.
2.
Valutate se possa essere utile guardare la
serie prima di esprimere assenso o dissenso alla visione dei vostri figli che
hanno più di 14 anni: sarete più precisi e consapevoli di quali siano gli
elementi critici su cui poggia la vostra decisione e potrete argomentarli in
modo convincente ai vostri figli.
3.
Parlate in famiglia della serie, chiedete ai
bambini/ragazzi cosa ne pensano in modo che, anche se non hanno il permesso di
vederla, siano in grado di partecipare ad eventuali commenti e discussioni con
i coetanei.
4.
Ricordate ai bambini/ragazzi che quanto
rappresentato nelle serie è frutto di finzione e che la violenza non è mai un
gioco a cui partecipare.
5.
Tenete sempre vivo il dialogo familiare sui
temi dell’uso delle nuove tecnologie con i ragazzi: ponete loro domande e
ascoltate come la pensano. I nativi digitali hanno una visione differente da
quella degli adulti e può essere utile conoscere il loro punto di vista sui
rischi e sui fenomeni emergenti.
6. Se
avete contezza che stanno circolando tra i bambini/ragazzi giochi violenti che
imitano quelle ritratte nella serie, non esitate a segnalare la cosa a www.commissariatodips.it/
In
generale, va sempre tenuto presente che riguardo l’utilizzo dei vari
dispositivi tecnologici, è indispensabile presidiare il COSA, il QUANTO e il
QUANDO perché compito di ciascun genitore è favorire la crescita dei propri
figli, trovando il giusto compromesso tra la libertà, la necessità di controllo
e il bisogno di accudimento.
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