giovedì 18 novembre 2021

NOI ADULTI A CHE GIOCO GIOCHIAMO?

 

NOI ADULTI A CHE GIOCO GIOCHIAMO?

Dott.ssa Paola Scalco, psicologa, specialista in Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica

 

 


“No! Io non gioco, perché poi se perdo, mi uccidono!”

Il gioco è il classico 1-2-3…stella!

Il luogo è il cortile di una scuola primaria italiana.

Il bambino che si rifiuta terrorizzato di giocare è un alunno della prima classe, che ha perciò all’incirca 6 anni.

In queste ultime settimane, scene come questa si ripetono un po’ in tutte le scuole primarie (e tante scuole dell’infanzia) italiane. Giochi apparentemente innocenti diventano il pretesto per agire comportamenti aggressivi e per nulla rispettosi, in un periodo storico come quello attuale in cui i nostri bambini hanno già tantissimo da recuperare in fatto di socialità e costruzione di legami positivi.

 

Cosa sta accadendo? Quale nuovo “virus” sta circolando?

Si tratta dell’influenza dilagante della serie tv sudcoreana Squid Game, che in realtà la stessa piattaforma di streaming che la trasmette segnala come adatta ai maggiori di 14 anni. Nonostante ciò, bypassando il controllo dei genitori con l’ausilio dei vari social, è diventata virale anche tra i più piccoli, con effetti manifestamente deleteri a causa dei suoi contenuti.

Racconta di 456 adulti con alle spalle fallimenti, povertà, emarginazione sociale, dipendenze come la ludopatia, che accettano di partecipare a delle sfide basate sui giochi dell’infanzia, per poter estinguere i loro debiti. In un contesto sociale sessista e fondato sul potere, chi perde viene ucciso da guardie mascherate, mentre chi riesce a sopravvivere vince una ingente somma di denaro.

La violenza viene banalizzata, con scene di torture fisiche e psicologiche e la morte non risulta essere la cosa peggiore che possa capitare, a confronto delle brutture che caratterizzano le vite dei protagonisti. Senza dimenticare il potenziale traumatizzante di certe scene e il discutibile ascendente che certe pessime dinamiche relazionali potrebbero avere sui giovani spettatori.

 

Per cercare di arginare tale fenomeno, la Fondazione Carolina (Onlus nata per ricordare Carolina Picchio, prima vittima italiana di cyberbullismo e ispiratrice della Legge 71/2017 “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”) ha provocatoriamente lanciato sulla piattaforma Change.org una petizione per bloccare la visione della serie tv. L’intento è principalmente quello di cercare di colmare il vuoto che porta tanti genitori a delegare ai social e al web l’educazione dei propri figli, illudendosi che non abbiano bisogno di una guida per il loro utilizzo consapevole e sicuro e trascurando o ignorando i limiti di età da essi posti (ad esempio, l’età minima per aprire un profilo su Tik Tok e su Instagram è di 13 anni, su WhatsApp e Telegram è di 16 anni). Restrizioni che discendono dalla convinzione che un utente possa avere i mezzi e l'esperienza per interfacciarsi con quel mezzo solo una volta raggiunta quell'età, ma quanti sono i bambini della primaria o i ragazzini della secondaria di primo grado che violano tali limiti? E con quali conseguenze, a breve e a lungo termine?

 

Sempre con lo scopo di ridurre gli effetti negativi di questa recente “mania”, sulla pagina facebook della Polizia Postale è stata pubblicata una serie di consigli rivolta ai genitori:

1.    Ricordate che la serie Squid Game è stata classificata come VM 14 ovvero vietata ad un pubblico di età inferiore a quella indicata. Questa limitazione indica che i suoi contenuti possono turbare i minori con intensità variabile a breve e lungo termine.

2.    Valutate se possa essere utile guardare la serie prima di esprimere assenso o dissenso alla visione dei vostri figli che hanno più di 14 anni: sarete più precisi e consapevoli di quali siano gli elementi critici su cui poggia la vostra decisione e potrete argomentarli in modo convincente ai vostri figli.

3.    Parlate in famiglia della serie, chiedete ai bambini/ragazzi cosa ne pensano in modo che, anche se non hanno il permesso di vederla, siano in grado di partecipare ad eventuali commenti e discussioni con i coetanei.

4.    Ricordate ai bambini/ragazzi che quanto rappresentato nelle serie è frutto di finzione e che la violenza non è mai un gioco a cui partecipare.

5.    Tenete sempre vivo il dialogo familiare sui temi dell’uso delle nuove tecnologie con i ragazzi: ponete loro domande e ascoltate come la pensano. I nativi digitali hanno una visione differente da quella degli adulti e può essere utile conoscere il loro punto di vista sui rischi e sui fenomeni emergenti.

6.    Se avete contezza che stanno circolando tra i bambini/ragazzi giochi violenti che imitano quelle ritratte nella serie, non esitate a segnalare la cosa a www.commissariatodips.it/

 

In generale, va sempre tenuto presente che riguardo l’utilizzo dei vari dispositivi tecnologici, è indispensabile presidiare il COSA, il QUANTO e il QUANDO perché compito di ciascun genitore è favorire la crescita dei propri figli, trovando il giusto compromesso tra la libertà, la necessità di controllo e il bisogno di accudimento.

 

 


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