LA CARRIERA
ALIAS COME PREVENZIONE DEL BULLISMO TRANSFOBICO
Dott.ssa Paola
Scalco, psicologa, specialista in Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia
Clinica
Da mesi si discute di quanto
la DaD (Didattica a
Distanza) e la DDI
(Didattica Digitale Integrata), conseguenti alle alternate chiusure delle
Scuole e delle Università in questo lungo periodo pandemico, possano aver avuto
conseguenze nefaste sulla preparazione culturale e sulla psiche di ragazze e
ragazzi.
Alcuni di loro hanno avuto un
motivo di sofferenza in più, che non ha però avuto la rilevanza che a mio
avviso avrebbe meritato. Le persone trans si sono trovate costrette a seguire
le lezioni online con una piattaforma su cui era riportato il loro nome
anagrafico, mentre magari la webcam mostrava un aspetto ad esso non congruente,
alimentando le occasioni di cyberbullismo
e violenza psicologica,
che nel periodo emergenziale di fatto hanno avuto una crescita notevole.
Naturalmente, la situazione ha
solo reso più evidente un fenomeno ampiamente diffuso anche quando le lezioni o
gli esami si svolgono in presenza: la discrepanza tra l’aspetto fisico e il
nome sui documenti è spesso fonte di disagio,
discriminazione e stigma e comporta un perenne outing
di un’esperienza intima e personale.
Inoltre, venire identificati
dagli altri in base al proprio sesso biologico e non secondo la propria
identità sessuale, genera continua frustrazione
e stress cronico, che hanno un
impatto considerevole sul proprio equilibrio psicologico.
Non è un caso che, in
generale, tassi di abbandono scolastico
e percentuali di tentativi di suicidio
siano significativamente maggiori in tali gruppi di popolazione.
La diffusione nelle Scuole
Superiori e nelle Università della carriera alias rappresenterebbe un’iniziativa
e un impegno concreti che vadano oltre le celebrazioni periodiche di giornate
di sensibilizzazione e che aiutino a rendere possibile la piena realizzazione
della persona come espresso nella Costituzione e si basino sul rispetto dei
diritti umani e delle libertà fondamentali, sull’uguaglianza fra tutti i
cittadini e la non discriminazione.
Per carriera alias si intende un accordo di riservatezza tra
Scuola o Università, studente trans e famiglia -se si tratta di studente ancora
minorenne- in base al quale è possibile un riconoscimento formale dell’identità
di genere che si sente propria, utilizzando nei documenti interni alla Scuola
(registro, libretto delle assenze, tabelloni degli esiti, documenti relativi a
esami, prove, registrazione delle presenze, card per la biblioteca o la mensa…)
il nome di elezione scelto invece di quello anagrafico.
Prima in Italia, già nel 2003 l’Università degli Studi di Torino aveva
previsto per le studentesse e gli studenti in transizione di genere un libretto
universitario sostitutivo con il nome di elezione scelto dall’interessata/o,
valido agli esclusivi fini del percorso di studi, in considerazione del fatto
che il procedimento burocratico di rettificazione del sesso era spesso più
lungo della carriera universitaria. Con l’avvento dei nuovi sistemi di
autenticazione attraverso il rilascio di credenziali legate ai dati personali
delle studentesse e degli studenti è stato necessario emanare nel 2015 un nuovo Regolamento per l’attivazione e la gestione della carriera alias per
soggetti in transizione di genere (D.R. n. 2330 del 29.06.2015), “volto
a garantire agli studenti e alle studentesse in transizione di genere di poter
vivere in un ambiente di studio sereno, in cui i rapporti interpersonali siano
improntati alla correttezza, al reciproco rispetto delle libertà e
dell’inviolabilità della persona.” Ciò significa che, documentando la presa
in carico del/della richiedente da parte di una struttura sanitaria per
l’attivazione di un percorso medico e psicoterapeutico mirato ad una eventuale
riassegnazione del sesso (L. 164/1982), è possibile richiedere all’Ateneo di
ottenere l’assegnazione di “un’identità provvisoria, transitoria e non
consolidabile” in attesa della conclusione del procedimento di
riassegnazione di genere e la conseguente sentenza del Tribunale.
Nell’estate 2021 anche l’Università del Piemonte Orientale ha definito un suo regolamento
interno con lo scopo di «consolidare l’appartenenza alla comunità
universitaria e garantire il benessere di chi ne fa parte», in virtù del
quale l’ateneo “si impegna a considerare la persona con il genere che ha
scelto anche se la transizione non è conclusa formalmente per lo Stato,
l’interessato riconosce che la «carriera alias» non ha valore legale al di
fuori dell’università ed è quindi provvisoria”.
Dal momento che non è
necessario essere maggiorenni per iniziare tale percorso (in Piemonte il Centro
di riferimento regionale per la disforia di genere in età evolutiva si trova
all’Ospedale Regina Margherita di Torino), sarebbe opportuno che anche le Scuole Secondarie di Primo e Secondo Grado
iniziassero a riflettere, in un’ottica di vera prevenzione di bullismo, disagio
psicologico e abbandono scolastico, sull’importanza del tema e ad attivarsi di
conseguenza, come timidamente si è iniziato a fare in giro per l’Italia.
Ad oggi, purtroppo questa
procedura viene lasciata a singole iniziative, che si basano sulle norme
relative all’autonomia scolastica, ma l’auspicio è che si giunga alla stesura
di Linee Guida da parte del
Ministero dell’Istruzione e di quello dell’Università che uniformino i protocolli
e siano riferimenti univoci per stilare i regolamenti.
Tale lacuna, però, non deve
costituire un alibi per rimandare a tempo indeterminato una questione che nella
realtà quotidiana è indifferibile.
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