In un'epoca caratterizzata da una
società complessa, frammentata, rapida e multiculturale, uno dei compiti più
pregnanti per la scuola diventa quello di far comprendere il problema della
differenza che caratterizza il genere umano. Diviene fondamentale educare ad
una “cultura della convivenza”, un obiettivo non facile, ma a cui
l’approccio narrativo può contribuire a rispondere positivamente.
“Multiculturale” è un aggettivo che fa
riferimento alle società, nel senso che al loro interno si può rilevare la presenza
di soggetti portatori di usi, costumi, religioni e modalità di pensiero
differenti; “interculturale”, invece, è un aggettivo che riguarda la strategia
d’intervento educativo e in particolare il fatto di mettere in contatto e in
interazione le differenze tra culture diverse.
Il termine
“interculturalità” significa conoscenza
e scambio, interazione fra culture diverse. Il prefisso inter esprime
la messa in relazione, l’apertura,
l’interazione o lo scambio tra due o più elementi. Il suffisso cultura indica invece il riconoscimento dei valori, della diversità, dei modi di vita, delle usanze
e costumi che si riferiscono gli
esseri umani.
Di fronte a classi
scolastiche sempre più caratterizzate dall’intreccio di varie culture, il confronto, il dialogo e la cooperazione
si rivelano come esigenze primarie, senza che i soggetti coinvolti debbano
rinunciare a parti significative della propria identità.
L’interculturalità
permette di mettere in contatto e in interazione le differenze tra culture
diverse, determinando un arricchimento
e un ampliamento mentale.
Educare in modo
“interculturale” significa: educazione
alla pace, al rispetto, ai sentimenti, all’ascolto, al dialogo,
alla gestione dei conflitti, al rispetto dei limiti, alla curiosità, alla scoperta, alla sensibilità
rispettosa dell’altro, alla tolleranza,
alla valorizzazione delle differenze,
all’accettazione, all’empatia.
Nelle scuole
dell’infanzia il metodo narrativo è forse il metodo più accogliente e
democratico per fare intercultura. Tanto un bambino quanto un adulto hanno una
storia di vita da raccontare. Si può chiedere di narrare una fiaba, una festa,
un viaggio, un gioco, un sogno, un’avventura, un piatto tipico, un diario, un
film, ecc. Nel progetto con le classi quinte dell’Istituto comprensivo delle
“Quattro valli” di Incisa Scapaccino di abbiamo proposto la storia di
“Pepenero”, una piccola puzzola senza odore che deve abbandonare i suoi
genitori e la sua valle per andare a cercare la sua puzza in città. Pepenero
non conosce nulla della città, ma per sua fortuna incontra Nestore un gatto
randagio dal cuore grande e libero: insieme cercano la puzza giusta per la
puzzola…
Tutti, infatti, hanno
qualcosa da narrare, ma solo se qualcuno è disposto ad ascoltare. Il senso
profondo della narrazione risiede nell’essere ascoltati e nell’ascoltare. Ciò
non significa solo parlare mentre gli altri sono in silenzio: l’ascolto prevede
che tutti siano co-costruttori dei significati
attraverso un atteggiamento di partecipazione.
A tal fine è stato realizzato un cartellone per tenere a mente e condividere i
significati costruiti insieme, come confronto, apertura mentale, rispetto della
diversità, empatia, dialogo, ascolto, scoperta del nuovo, accettazione…
Ognuno di noi è prima
di tutto il risultato della propria storia. Per questo nessuno è escluso dalla
narrazione. L’altro, nell’educazione interculturale, deve diventare “attore”.
Per questo le classi quinte di Incisa Scapaccino si stanno impegnando a
realizzare il racconto di Pepenero anche in forma teatrale.
Attraverso il racconto
e la recitazione è possibile realizzare un “ponte” tra le culture, creando
punti d’incontro, uno scambio di valori culturali e confronto tra i diversi
“punti di vista” sulla realtà.
Ludovica Porani, psicologa e psicoterapeuta, per MANI COLORATE
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