Con lo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre ci siamo tutti augurati un buon anno 2021, ma soprattutto un anno che fosse semplicemente normale.
Si perché quello passato non è
stato normale, lo sappiamo, è stato terribile.
Per gli adulti, ma soprattutto
per i ragazzi, privati della scuola, del loro ambiente naturale di
socializzazione. Ormai, per molti di loro siamo a 10 mesi (con una breve
interruzione in presenza) di lontananza dai compagni di classe, dai loro
insegnanti dai luoghi conosciuti e dai ritmi consolidati.
Come si vivrà il ritorno alla
normalità? Parlando con gli adolescenti di seconda e terza media su come stanno
adesso, dopo il secondo lockdown, in attesa di una apertura della scuola in presenza,
ancora tutta da definire, le risposte sono state diverse.
Per qualcuno la scuola a
distanza è stata una buona cosa: sono ragazzi della provincia di Asti, che
abitano in paesini all’interno della zona collinare, che non hanno la scuola
nel paese dove abitano e la raggiungono con lo scuolabus, partendo anche un’ora
prima da casa, per raggiungere tutti i paesi e raccogliere e trasportare tutti
i compagni. Ma si tratta anche di ragazzi abbastanza autonomi, con una buona
connessione in casa, i più fortunati hanno avuto anche l’opportunità di
ricevere dai genitori un nuovo computer più potente, proprio per poter seguire
meglio le lezioni. Vivono in mezzo alla campagna, ma con tutte le dotazioni di
chi vive in città, e in più un ambiente gradevole dove passare il pomeriggio,
andare in bici con gli amici e ricaricarsi.
Ma per altri questa situazione
comincia a pesare. O è stata pesante fin dall’inizio. Non entro nel merito di
come è stata condotta la DaD, che ha richiesto un rapido adattamento dei
docenti sia dal punto di vista didattico (non si possono fare proprio le stesse
cose in presenza e a distanza) sia tecnologico, ben supportati dalla figura
dell’Animatore digitale, da pochi anni istituita nelle scuole. Da qualche
impressione captata qua e là tutti si sono attivati, dando quello che si era in
grado di fare, senza limiti di orario, andando a recuperare quelli che si
stavano perdendo. Di questo sarà interessante dare voce ai docenti e alle loro
esperienze.
La pesantezza accusata dai
ragazzi è stata causata da diversi fattori. Il primo è la presenza davanti ad
uno schermo per tanto tempo (l’abbiamo sentita anche noi adulti, dopo tante
riunioni online). Si sono adattati, anche in fretta, ma adesso dicono che fanno
fatica a concentrarsi, che si stancano dopo poco, che hanno mal di testa. Il
secondo è stato la lontananza dai compagni, non sempre sostituita da incontri
con i compagni al pomeriggio. È mancato il trovarsi al mattino ancora un po’
addormentati, salutarsi, incominciare a parlare tra di loro, gli scherzi, le
battute, la musica sentita in due dal cellulare. Il terzo, e più grave, è stato
l’isolamento: dovuto all’abitare in zone con scarsa copertura, o al fatto di
non avere strumenti adeguati. Già è difficile seguire una lezione on line su un
PC, figuriamoci sul cellulare.
Come si potrà ricucire tutto quello che è mancato? Si, la parola ricucire è usata volutamente, perché si tratta di uno strappo. Uno strappo nella crescita a 12 – 13 anni che sarà difficile recuperare. Se dal punto di vista delle nozioni la scuola è andata avanti, i programmi se pur con fatica sono stati fatti, tutto il resto è rimasto bloccato, e la naturale palestra di crescita che sono le relazioni tra coetanei è stata vissuta senza respirarne l’aria, senza sudare insieme. Il vuoto relazionale si potrà colmare solo con un grande lavoro di attenzione e ascolto, dando voce a quello che non è stato possibile esprimere in tutto questo tempo, nei luoghi fatti apposta per crescere a formarsi, come la scuola, il doposcuola, il campo di calcio. Luoghi che si dovranno attrezzare per diventare “contenitori”. Perché solo raccontando le emozioni e dando loro un nome è possibile imparare a gestirle.
Dott.ssa Elisa Lupano - pedagogista, counselor